L’ammontare dell’assegno di mantenimento ai figli è frutto di un bilanciamento operato tra l’attuale condizione economica e le esigenze dei figli stessi e non può fondarsi in esclusiva sulla capacità economico reddituale dell’obbligato.
È quanto statuito dalla Corte di Cassazione, mediante l’ordinanza n. 4035/2022, depositata in data 8 febbraio 2022.
Nella vicenda in esame, in relazione ai figli, il criterio di proporzionalità invocato nel motivo è stato correttamente parametrato all’attuale condizione economica ed alle esigenze dei figli stessi, che stanno iniziando ad entrare nel mondo del lavoro e, allo stesso tempo, si stanno attivando per completare il proprio progetto formativo.
Un’analisi indicativa dei fatti appare assai utile per comprendere il ragionamento logico-giuridico intrapreso dalla Suprema Corte.
A seguito della sentenza di dichiarazione della cessazione degli effetti civili del matrimonio tra L.M. ed A.M.P., il Tribunale di Firenze disponeva il pagamento di un assegno di mantenimento a carico del padre per i figli G. e L. di Euro 1.500,00 ciascuno (a fronte del minore importo di Euro 1.150 ciascuno stabilito in fase presidenziale) ed un assegno divorzile di Euro 1.500,00 al mese per la ex moglie (a fronte del minore importo di Euro 1.200,00 stabilito in fase presidenziale).
La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 21/9/2017, riformò la sentenza emessa dal Tribunale di Firenze e fissò in 1.000,00 Euro mensili l’assegno divorzile a carico del marito ed a favore della moglie, ed in Euro 800,00 mensili l’assegno di mantenimento a carico del padre per ciascun figlio.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione A.M.P. affidato a quattro motivi e memoria. L.M. ha resistito con controricorso e memoria.
Per quanto concerne l’assegno divorzile, secondo la Suprema Corte la sentenza impugnata merita di essere confermata sulla base delle seguenti ragioni: la Corte d’Appello ha valutato la sperequazione economico-reddituale fra le parti, esaminando i fatti acquisiti, rispetto ai quali la alternativa valutazione della ricorrente integra una censura attinente al merito, inammissibile. La Corte distrettuale ha altresì collegato eziologicamente questo squilibrio con l’esclusivo ruolo endofamiliare non trascurando il profilo assistenziale (la mancanza di lavoro e l’età) correlato alla durata del matrimonio.
La pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 18287 del 11/07/2018) ha stabilito che “Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto”.
La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.
La Corte d’Appello, nell’attribuzione e determinazione dell’assegno divorzile, ha tenuto conto dei criteri indicati dalle SSUU.
In relazione ai figli, il criterio di proporzionalità invocato nel motivo è stato correttamente parametrato all’attuale condizione economica ed alle esigenze dei figli stessi, i quali, stanno iniziando ad entrare nel mondo del lavoro e, nello stesso tempo, completando il proprio progetto formativo. L’ammontare dell’assegno di mantenimento è frutto del bilanciamento tra i due profili e non può fondarsi in esclusiva sulla capacità economico reddituale dell’obbligato.
Infine, la Corte di merito ha esaurientemente motivato sulle circostanze, trattandosi G. di giovane che ha già completato gli studi universitari e si avvia ad una carriera di avvocato mentre L. dispone di un piccolo introito di 500,00 Euro mensili.
In conclusione, il ricorso è stato dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di legittimità.
Per restare aggiornati tramite la nostra Pagina Fb, clicca qui.