La Corte di Cassazione, nella recentissima ordinanza n. 5236/2022, depositata lo scorso 17 febbraio, ha affermato il seguente principio “l’azione di divorzio ha natura personalissima e non è trasmissibile agli eredi, che restano legittimati a stare nel processo solo in ordine a quel diritto od a quegli obblighi di carattere economico – nella specie estranee alla lite – inerenti al patrimonio del loro dante causa, che siano stati dedotti eventualmente in connessione con l’istanza di divorzio e che siano stati, quindi, già acquisiti al suo patrimonio prima della morte. Pertanto, una volta intervenuto il decesso del coniuge che aveva proposto la relativa domanda, è inammissibile il subingresso nel processo di chi, accampando la propria qualità di erede, miri non già a far valere diritti, o contestare obbligazioni, di contenuto patrimoniale, già entrati nel patrimonio del de cuius prima del suo decesso (e suscettibili, perciò, di trasmissione iure hereditario), ma a coltivare l’azione di divorzio già esercitata dal defunto, ed a far così risalire a tale causa, e non al sopravvenuto decesso, lo scioglimento del di lui matrimonio”.
Ed infatti, la disposizione di carattere generale di cui all’art. 110 c.p.c., secondo cui, in caso di morte di una parte, il processo è proseguito dal successore universale o nei suoi confronti, esaurisce i propri effetti nella sfera processuale, ma non si estende fino alla creazione di una legittimazione sostanziale esclusa dalla specifica disciplina del rapporto in contestazione.
Un cenno meritano i fatti oggetto della pronuncia.
M.N., nella qualità di genitore esercente la responsabilità sui figli minori B.S. e B.A., è ricorso in Cassazione per la riforma della sentenza con cui la Corte d’appello dell’Aquila aveva dichiarato la nullità della sentenza di primo grado che aveva pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra B.G.e L.A.M., dichiarando altresì al riguardo cessata la materia del contendere per il decesso del B.G.
Il ricorso è stato considerato inammissibile.
B.G. aveva agito dinanzi al Tribunale di Chieti chiedendo dichiararsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con L.A.M., domanda, questa, che il Tribunale aveva accolto nella contumacia della convenuta.
La L.A.M. ha proposto appello lamentando di non avere avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, effettuata presso un indirizzo dal quale ella era sloggiata da anni, fissando la propria residenza anagrafica altrove, chiedendo dichiararsi cessata la materia del contendere per morte del coniuge in corso del processo.
La adita Corte d’appello dell’Aquila, con la sentenza impugnata, nel contraddittorio con M.N., nella qualità di genitore esercente la responsabilità sui figli minori B.S. e B.A., eredi del B.G., nonché degli altri eredi Be.Gu., B.N., B.A.M. e B.V., ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado, in conseguenza della nullità della notificazione del relativo atto introduttivo, ed altresì la cessazione della materia del contendere per morte del coniuge originario attore.
Quindi M.N., nella menzionata qualità, ha proposto ricorso per cassazione censurando la sentenza impugnata, per avere ritenuto la nullità della sentenza di primo grado in conseguenza della nullità della notificazione del ricorso introduttivo.
La Corte ha ritenuto che le figlie del defunto B.G., per le quali ha agito in giudizio M.N., non hanno alcuna legittimazione ad impugnare la sentenza d’appello e, ciò, in virtù della natura personalissima dell’azione di divorzio: “In tema di azione di divorzio, ove il decesso di uno dei coniugi, sopravvenuto nel corso del relativo processo, determina lo scioglimento del matrimonio per altra causa, precludendo il diritto ad ottenere il bene della vita richiesto in via giudiziale, detta norma non vale a radicare la legitimatio ad processum del successore a titolo universale nei confronti del coniuge superstite, non verificandosi alcuna successione nel diritto e nel rapporto per l’intrinseca intrasmissibilitàdella situazione soggettiva correlativa”(Cass. 25 giugno 2003, n. 10065).
Per restare aggiornati tramite la nostra Pagina Fb, clicca qui.