Diritto del minore alla bigenitorialità

La Corte di Appello di Trieste, con decreto reso in data 27/01/2016, in accoglimento del reclamo incidentale proposto dal padre avverso il provvedimento ex art. 337 bis c.c. emesso in Prime Cure dal Tribunale di Trieste nel dicembre 2014, pur mantenendo inalterata la previsione di una condivisione dell’affido, ha disposto il collocamento prevalente del figlio presso il domicilio paterno, autorizzandone il trasferimento da Trieste a Palermo.

La pronuncia in commento si distingue per due profili: da un lato, per avere messo in luce quanto i comportamenti ostruzionistici messi in atto da un genitore nei confronti dell’altro, volti ad ostacolare la frequentazione padre/figlio, nonché a negare la partecipata e condivisa gestione del genitore non collocatario al percorso di vita e di crescita del minore, siano censurabili soprattutto per il pregiudizio che ne deriva al sano ed equilibrato sviluppo della personalità del figlio; dall’altro, per avere ribadito, tenuto conto dei principi anche recentemente sanciti in materia di filiazione naturale, la centralità del minore, cui devono essere garantite le migliori condizioni di vita e di crescita, condizioni che, nel caso di specie, la Corte ha ritenuto potessero essere meglio assicurate dal padre.

Nel corso del giudizio la Corte, conformemente alle richieste del padre, ha disposto la rinnovazione della CTU al fine di valutare le capacità genitoriali delle parti e verificare quale fosse il regime di affidamento maggiormente tutelante per il minore (il consulente tecnico nominato nel primo grado di giudizio, pur avendo riscontrato l’inadeguatezza di taluni comportamenti della madre, infatti, aveva concluso optando per il regime di affidamento condiviso con collocamento prevalente  presso il domicilio materno).

Ebbene, le conclusioni cui è pervenuto il consulente nominato dal Collegio – condivise in toto dal P.M.– sono state recepite nel citato decreto che, sia pure intervenendo in una situazione di esasperante conflitto riconducibile “con ogni probabilità ….a differenti visioni ed aspettative in relazione ai rispettivi ruoli genitoriali”, non ha tralasciato di evidenziare che “le ulteriori acquisizioni hanno oggettivamente mutato il quadro complessivo o comunque ne consentono una lettura certamente differente rispetto a quanto potuto compiere dal primo giudice e maggiormente diretta alla verifica delle capacità complessivamente intese dei genitori di assicurare un’equilibrata crescita del piccolo”.

In particolare, la Corte ha rilevato la netta chiusura frapposta dalla madre alle frequentazioni padre – figlio a Palermo (sia pure espressamente previste nel decreto emesso dal Tribunale di primo grado) e i comportamenti  – definiti dal Collegio “di oggettiva gravità” – di cui la stessa si era resa protagonista, tra cui l’avere ripetutamente condotto il figlio minore al Pronto soccorso pediatrico asserendo che il padre avesse somministrato dei sedativi al piccolo in occasione di una visita a Trieste o l’utilizzo di un nome di fantasia per chiamare il figlio, diverso da quello scelto dai genitori al momento della nascita.

La Corte di Appello di Trieste, alla luce delle complessive risultanze istruttorie, dunque, nonostante la tenera età del minore (due anni), pur confermando il regime di affidamento condiviso, ha individuato la figura paterna quale genitore maggiormente tutelante, tanto da autorizzare il trasferimento del minore da Trieste a Palermo, con collocamento prevalente presso il domicilio del padre.

decreto Corte Appello Trieste 27.01.2016