Ospitalità data dall’ex coniuge all’attuale compagno, non è prova della convivenza

Il giudice deve dare conto del proprio convincimento sulle circostanze riferite dal teste ritenuto maggiormente attendibile, circa la prova dell’esistenza, fra l’ex coniuge e l’attuale compagno, di un rapporto affettivo caratterizzato da alto grado di stabilità, da un’effettiva comunione di vita e dal reciproco esercizio di diritti e doveri, tale da assumere i connotati della c.d. “famiglia di fatto”.
Questo quanto evidenziato, in massima sintesi, dalla ordinanza n. 2139/2022 della Suprema Corte di Cassazione, depositata lo scorso 25 gennaio 2022.
Nel caso in esame, dall’ospitalità offerta dalla ricorrente al suo attuale compagno per un periodo di circa dieci mesi, in attesa che si rendesse abitabile l’appartamento di quest’ultimo, non si poteva ricavare la prova dell’esistenza di un rapporto affettivo caratterizzato dai connotati della c.d. “famiglia di fatto”. Le circostanze riferite da un teste ritenuto maggiormente attendibile, secondo la Cassazione, non dispensano il giudice di merito dal motivare il proprio convincimento.
Con espresso riferimento a quanto concretamente accaduto, va precisato che S.C. impugnava in Cassazione, con ricorso basato su un unico motivo, la sentenza del 16.3.2017 della Corte d’Appello di Napoli che, accogliendo il gravame dell’ex coniuge V.G., riformava la decisione di primo grado nella parte in cui, pronunciando lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio tra i coniugi, aveva gravato l’appellante dell’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile in favore dell’appellata, sull’assunto che alla stregua delle acquisite risultanze istruttorie era rimasto provato che la S. avesse instaurato un rapporto di convivenza con un terzo, provvisto di quei caratteri di stabilità e di reciprocità tali da rendere riconoscibile una famiglia di fatto anche secondo i dettami della L. 20 maggio 2016, n. 76, e da far perciò cessare ogni obbligo di contribuzione.
A ben vedere, secondo la Cassazione, la Corte d’Appello ha reso una motivazione che resta al di sotto del minimo costituzionale richiesto, poiché non solo non ha tenuto conto dei contraddittori esiti fatti registrare dall’istruttoria testimoniale (accordando preferenza alle dichiarazioni di un teste rispetto all’altro senza spiegare le ragioni di questa preferenza), ma non ha in alcun modo chiarito perché dalle circostanze riferite dal teste ritenuto maggiormente attendibile (ospitalità data dalla S. al suo attuale compagno per un periodo di circa dieci mesi, in attesa che si rendesse abitabile l’appartamento di quest’ultimo) si potesse ricavare la prova dell’esistenza fra l’odierna ricorrente e detto compagno di un rapporto affettivo caratterizzato da alto grado di stabilità, da un’effettiva comunione di vita e dal reciproco esercizio di diritti e doveri, tale da assumere i connotati della c.d. “famiglia di fatto”.
Non emergono, in definitiva, i fatti posti a fondamento dell’accertamento qui contestato; accertamento che, pur se frutto di un’opzione valutativa riservata al giudice del merito, non lo dispensa dal dar conto delle ragioni del proprio convincimento.

Ordinanza

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