Il piano di rientro concordato tra la banca ed il cliente, avente natura meramente ricognitiva del debito, non preclude la contestazione della nullità delle clausole negoziali preesistenti e non esonera pertanto la banca, attrice in giudizio per il pagamento del saldo, dal documentare le condizioni convenute nel contratto di conto corrente, che è soggetto alla forma scritta ad substantiam a norma dell’art. 117 t.u.b..
È quanto emerge dalla ordinanza n. 2855/2022 emanata dalla Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione, depositata lo scorso 31 gennaio 2022.
In particolare, gli attori hanno convenuto la banca chiedendo la restituzione di somme illegittimamente versate a causa di anomalie bancarie riscontrate su un rapporto di conto corrente con apertura di credito, garantito da fideiussione.
La banca si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attrici e spiegando, in via riconvenzionale, domanda di condanna degli attori al pagamento del saldo passivo del conto.
Il Tribunale di Varese ha respinto la domanda attrice e accolto quella riconvenzionale. Il Tribunale di primo grado ha ritenuto che la società correntista e i fideiussori non avevano prodotto il contratto di conto corrente posto a base della pretesa azionata, tale circostanza, ad avviso del giudice, non assumeva però rilievo preclusivo ai fini dell’accoglimento della domanda riconvenzionale, visto che era stato prodotto in giudizio un piano di rientro avente valore di ricognizione di debito, col quale gli attori avevano riconosciuto una passività, alla data del 23 gennaio 2013, di Euro 112.586,66.
Il gravame proposto dalla società correntista e dai fideiussori è stato respinto dalla Corte di appello di Milano con sentenza del 20 aprile 2020. Il giudice distrettuale ha ribadito che il piano di rientro del 23 gennaio 2013 aveva il valore di una ricognizione di debito e ha ritenuto che la banca, attrice in riconvenzionale, fosse dispensata dall’onere di provare il rapporto fondamentale, spettando alla controparte di dare dimostrazione dell’insussistenza del credito: e cioè della dedotta nullità e illegittimità degli addebiti operati dalla banca nel corso del rapporto.
Gli attori ricorrono in cassazione avverso la pronuncia d’appello.
I ricorrenti affermano che l’atto di ricognitivo del debito è inidoneo alla produzione di effetti sul piano sostanziale e processuale ove il credito non possa sorgere per la nullità del contratto. Si deduce, al riguardo, che il riconoscimento del debito non possa comportare la sanatoria del contratto privo della forma scritta ad substantiam.
Secondo la giurisprudenza consolidata, in tema di conto corrente bancario, il piano di rientro concordato tra la banca ed il cliente, ove abbia natura meramente ricognitiva del debito, non ne determina l’estinzione, né lo sostituisce con nuove obbligazioni, sicché resta valida ed efficace la successiva contestazione della nullità delle clausole negoziali preesistenti.
Consistendo in una dichiarazione unilaterale recettizia che non integra una fonte autonoma di obbligazione, avendo piuttosto effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, la ricognizione di debito non può poi supplire alla mancata documentazione della pattuizione, soggetta alla forma scritta ad substantiam, da cui tragga origine il detto rapporto. Il principio è stato affermato in più occasioni con riguardo al tema degli interessi ultralegali: si è detto, al riguardo, che per la costituzione dell’obbligo di pagare interessi in misura superiore a quella legale è necessaria la forma scritta ad substantiam e che perciò è a tal fine inidonea una ricognizione del debito, atto successivo alla costituzione di detto obbligo. Alla stessa conclusione deve pervenirsi con riguardo alle altre pattuizioni, regolanti le condizioni praticate al cliente.
La Corte di merito a fronte della deduzione attorea, secondo cui ricorreva “l’inesistenza del contratto scritto” e a fronte, altresì, della contestazione dell’applicazione di condizioni non contrattualizzate” avrebbe dovuto verificare se nella fattispecie si ravvisasse o meno una nullità del contratto per vizio di forma.
La pronuncia in esame viene quindi cassata, con rinvio della causa alla Corte di Milano, cui è pure demandata la regolazione le spese del giudizio di legittimità.
Il giudice del rinvio dovrà fare applicazione del seguente principio di diritto: “Il piano di rientro concordato tra la banca ed il cliente, avente natura meramente ricognitiva del debito, non preclude la contestazione della nullità delle clausole negoziali preesistenti e non esonera pertanto la banca, attrice in giudizio per il pagamento del saldo, dal documentare le condizioni convenute nel contratto di conto corrente, che è soggetto alla forma scritta ad substantiam a norma dell’art. 117 t.u.b.”
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