Il contributo di mantenimento per i figli e per il coniuge: le somme sono ripetibili?

Il contributo di mantenimento per i figli e per il coniuge: le somme sono ripetibili?

Sulla ripetibilità delle somme percepite a titolo di mantenimento, sia in favore dei figli, sia del coniuge, si continua a dibattere, non solo in dottrina, ma anche in giurisprudenza.

La questione è stata riportata all’attenzione della platea giuridica grazie ad una recente ordinanza della Corte di Cassazione.

La Prima Sezione della Corte di Cassazione, mediante ordinanza interlocutoria n. 36509 depositata il 24 novembre 2021, ha rimesso la causa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite affinché venga chiarito e precisato:

  1. a) se i crediti afferenti agli assegni che traggono pretesto dalla crisi del rapporto di coniugio abbiano tutti le caratteristiche della irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità tipici dei crediti alimentari.
  2. b) se i caratteri di cui sopra possano farsi dipendere dall’entità delle somme erogate a tali titoli e se, in particolare, se ne renda obbligato il riconoscimento in presenza di importi di ammontare modesto che inducano a ravvisare la destinazione paraalimentare;
  3. c) se nel caso in cui sia in discussione la non debenza dell’assegno sia possibile scorporare da esso ai fini di riconoscervi i caratteri di cui sopra, la quota di esso avente destinazione paraalimentare;
  4. d) se il regime giuridico individuato in base all’accertamento da condursi in relazione al punto a) sia estensibile anche all’assegno in favore dei figli maggiorenni non autosufficienti di cui venga accertato l’indebito.

L’ordinanza sopra riportata è collegata alla decisione della Corte d’Appello di Roma che, nel respingere le domande di una moglie volte a conseguire per il tempo della separazione un assegno di mantenimento dal marito, la condannava anche alla ripetizione delle somme a tale titolo percepite per effetto della ordinanza presidenziale.

Tale ordinanza, in via provvisoria ed urgente, aveva stabilito il diritto della donna a ricevere un contributo di mantenimento da parte del coniuge, revocato poi in corso di causa dal Giudice Istruttore.

Nella ordinanza viene ribadita la distinzione tra l’assegno di mantenimento corrisposto in favore dei figli maggiorenni non autosufficienti e l’assegno di mantenimento dovuto invece in favore dell’ex coniuge.

Del carattere sostanzialmente alimentare del primo la giurisprudenza della Corte non ha mai dubitato (Cass., Sez. VI-III, 14/05/2018, n. 11689; Cass., Sez. VI-I, 18/11/2016, n. 23569 ed in motivazione Cass., Sez. III, 26/05/2020, n. 9686), maturando sul filo di tale premessa la convinzione a più riprese codificata, che «il carattere sostanzialmente alimentare dell’assegno di mantenimento a favore del figlio maggiorenne, in regime di separazione, comporta che la normale retroattività della statuizione giudiziale di riduzione al momento della domanda vada contemperata con principi d’irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità di dette prestazioni, con la conseguenza che la parte che abbia già ricevuto, per ogni singolo periodo, le prestazioni previste dalla sentenza di separazione non può essere costretta a restituirle, né può vedersi opporre in compensazione, per qualsivoglia ragione di credito, quanto ricevuto a tale titolo, mentre ove il soggetto obbligato non abbia ancora corrisposto le somme dovute, per tutti i periodi pregressi, tali prestazioni non sono più dovute in base al provvedimento di modificazione delle condizioni di separazione» (Cass., Sez. VI-I, 24/10/2017, n. 25166;)

Convinzione che costituisce poi naturale corollario del principio secondo cui «in materia di prestazioni alimentari, la retroattività delle statuizioni della decisione d’appello, va contemperata con i principi di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità di dette prestazioni, nel senso che chi abbia ricevuto, per ogni singolo periodo, le prestazioni stabilite nella pronuncia di primo grado, non è tenuto a restituirle, né può vedersi opporre in compensazione quanto ricevuto a tale titolo. Pertanto, il soggetto obbligato, ove abbia corrisposto le somme poste a suo carico nella pronuncia di primo grado, non può ripeterle sulla base delle statuizioni a lui più favorevoli della sentenza di appello, né può rifiutare le prestazioni dovute in base a questa, opponendo in compensazione le maggiori somme versate in forza della pronunzia di primo grado, ostandovi i menzionati principi di irripetibilità e non compensabilità in materia alimentare. Viceversa, in base al principio della retroattività della decisione d’appello, ove il soggetto obbligato non abbia corrisposto, per periodi anteriori alla decisione stessa, le somme poste a suo carico dalla pronuncia riformata, non può essere costretto ad adempiervi, essendo ormai tenuto unicamente, anche per il passato, a corrispondere quanto stabilito dalla sentenza di secondo grado» (Cass., Sez. I, 5/11/1996, n. 9641).

“Pari certezza non si ostenta invece in relazione all’assegno separativo, della cui natura alimentare si è inteso per l’appunto dubitare sul rilievo che il relativo credito rinviene «la sua fonte legale nel diritto all’assistenza materiale inerente al vincolo coniugale e non nella incapacità della persona che versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento» (Cass., Sez. III, 26/05/2020, n. 9686; Cass., Sez. III, 19/07/1996, n. 6519). Si è così consentito, non operando perciò nei confronti dell’assegno di separazione i principi di irripetibilità, di impignorabilità e di non compensabilità caratteristici dei crediti alimentati, che in sede di opposizione all’esecuzione ex art. 615 cod. proc. Civ, il debitore esecutato possa opporre in compensazione al creditore procedente un controcredito anche nell’ipotesi di espropriazione forzata promossa per il credito inerente al mantenimento del coniuge separato, non trovando applicazione, infatti, in difetto di un “credito alimentare”, l’art. 447, comma 2, cod. civ. (Cass., Sez. III, 26/05/2020, n. 9686; Cass., Sez. III, 19/07/1996, n. 6519)”.

Secondo la Corte, pertanto, atteso il complesso e variegato panorama di opinioni, che ruota intorno a concetti mutevolmente scambievoli che fatica a trovare una sistemazione coerente, è necessario sottoporre la questione al Primo Presidente per valutare se sussistono le condizioni per sollecitare un intervento nomofilattico delle Sezioni Unite.

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