Cassazione Civile, Sez. I, 8 aprile 2016, n. 6919: la PAS quale obbligo di accertamento giudiziale a tutela del superiore interesse del minore alla bigenitorialità
“In tema di affidamento di figli minori, qualora un genitore denunci comportamenti dell’altro genitore, affidatario o collocatario, di allontanamento morale e materiale del figlio da sé, indicati come significativi di una PAS (sindrome di alienazione parentale), ai fini della modifica delle modalità di affidamento, il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità in fatto dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, ed a motivare adeguatamente, a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena”.
Con un’interessantissima e rivoluzionaria pronuncia la Corte osserva come il diritto alla bigenitorialità del minore e al rispetto della vita familiare ex art. 8 CEDU esulano da qualsivoglia considerazione di carattere scientifico in ordine all’individuazione della PAS come malattia riconosciuta o meno.
Il caso sottoposto all’attenzione della Corte non rileva soltanto per l’atteggiamento ostruzionistico posto in essere dalla madre nel rapporto tra la figlia e il padre, ma soprattutto per l’inadeguatezza degli organi giurisdizionali a garantire l’effettivo diritto della minore alla bigenitorialità, essendosi limitati ad emettere provvedimenti ripetitivi e stereotipati, ignorando, invero, la condotta della madre e le specifiche deduzioni del padre, di fatto escluso dalla vita della minore.
La Corte, infatti, nell’osservare che tra i requisiti di idoneità genitoriale, ai fini dell’affidamento o anche del collocamento di un figlio minore presso uno dei genitori, rileva la capacità di questi di riconoscere le esigenze affettive del figlio, individuate indubbiamente anche nella capacità di preservargli la continuità delle relazioni parentali, invita il giudice di merito ad utilizzare i comuni mezzi di prova della materia (incluso l’ascolto del minore), nonché le presunzioni, a prescindere dal giudizio sulla validità o meno delle teorie scientifiche sulla PAS.
Nell’affermare tale principio, gli Ermellini richiamano la sentenza CEDU del 9 gennaio 2013, Lombardo c Italia, che ha riconosciuto la violazione dell’art. 8 della Convenzione da parte dello Stato italiano, in un caso in cui le autorità giudiziarie, a fronte degli ostacoli opposti dalla madre affidataria, ma anche dalla stessa figlia minorenne, a che il padre esercitasse effettivamente e con continuità il diritto di visita, non si erano impegnate a mettere in atto tutte le misure necessarie a mantenere il legame familiare tra padre e figlia minore: “L’assenza di collaborazione tra i genitori in conflitto e, talora, l’atteggiamento ostile (da dimostrare nel caso concreto) del genitore collocatario nei confronti dell’altro genitore che impedisca di fatto al minore di frequentarlo, comporta una grave violazione del diritto del figlio al rispetto della vita familiare e non dispensa le autorità nazionali dall’obbligo di ricercare ogni mezzo efficace al fine di garantire il diritto del minore di frequentare adeguatamente e tempestivamente entrambi i genitori”.
Conclusivamente, al di là dell’aspetto scientifico relativo alla qualificazione della PAS, l’esistenza di comportamenti ostili da parte di un genitore volti ad escludere il pieno esercizio del diritto alla genitorialità da parte dell’altro costituisce un elemento che il Giudice deve attenzionare nel superiore interesse del minore.