Corte di Cassazione, civ., Sez. I, sentenza del 22 novembre n. 27836/2017
Con la sentenza in commento la Suprema Corte chiarisce la necessità della forma scritta anche per il contratto di apertura di credito, non potendo a ciò sopperire le condizioni stabilite nel contratto di apertura del conto corrente.
In particolare la Corte afferma che “In materia di disciplina della forma dei contratti bancari, la L. n. 154 del 1992, articolo 3, comma 3, e, successivamente, l’articolo 117, comma 2, T.U.L.B., abilita la Banca d’Italia, su conforme Delib. del CICR, a stabilire che “particolari contratti” possano essere stipulati in forma diversa da quella scritta, sicchè quanto da queste autorità stabilito circa la non necessità della forma scritta ” in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto” deve essere inteso nel senso che l’intento di agevolare “particolari modalità della contrattazione” non comporta – in una equilibrata visione degli interessi in campo – una “radicale” soppressione della forma scritta, ma solo una relativa attenuazione della stessa che, in particolare, salvaguardi la necessaria indicazione, nel “contratto madre”, delle condizioni economiche a cui sarà assoggettato il “contratto figlio”.
La pronuncia chiarisce, dunque, che il contratto di apertura di credito non è accessorio al contratto di conto corrente, né può essere considerato come un rapporto giuridico che si inserisce automaticamente nel rapporto di conto correte, con la naturale conseguenza che le operazioni ad esso connesse necessitano di precise ed esplicite pattuizioni delle condizioni che lo regolano.
In applicazione del superiore principio, la Corte respinge il ricorso della Banca che, sulla base della sola menzione di condizioni quadro, generali ed astratte, contenute nel contratto di conto corrente, senza la previsione di regole relative alla parte economica, chiedeva di considerare valido il contratto di apertura di credito, concluso per facta concludentia.