Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 6 dicembre 2022, ricorso n. 25212/21, K.K. e altri c. Danimarca.

La Corte europea dei diritti dell’uomo, con sentenza 6 dicembre 2022, ricorso n. 25212/21, si è pronunciata nuovamente sulla questione del riconoscimento dello status creato in virtù di maternità surrogata effettuata all’estero verso un corrispettivo in denaro a favore della madre partoriente, nel caso in cui il marito sia padre biologico dei bambini (nel caso specifico due gemelli) e la madre intenzionale chieda l’adozione dei due neonati, in qualità di coniuge del padre. Domanda che nel caso specifico era stata rigettata dalle Corte nazionali.

La CEDU, pur ritenendo che non vi sia stata violazione del diritto alla vita privata e familiare ai sensi dell’art. 8 della madre intenzionale, ha stabilito, come da precedente giurisprudenza conforme, che vi era stata tale violazione per i due gemelli minorenni. Consapevole che la ragione sottesa al divieto di adozione in caso di maternità surrogata commerciale era quella di evitare che i minori diventino merce, la Corte EDU ha sottolineato che il rispetto per la vita privata dei minori, pur non imponendo la registrazione della madre intenzionale sul certificato di nascita, richiede l’adozione da parte degli Stati di altre misure – come ad esempio l’adozione – tese a consentire il riconoscimento giuridico degli status derivanti da maternità surrogata.

Nel caso di specie, infatti, pur avendo le autorità nazionali riconosciuto alla madre intenzionale solamente l’affidamento condiviso dei minori, non avevano instaurato alcuna relazione genitoriale legalmente riconosciuta tra la prima ricorrente e i minori. In tali circostanze, i minori si trovavano in una situazione di incertezza giuridica che aveva riflessi, ad esempio, sui loro diritti successori.

Pertanto, secondo la Corte, è nell’interesse dei minori, avendo vissuto a lungo con la madre intenzionale e il padre biologico, ottenere anche il riconoscimento giuridico del legame genitoriale con la prima ricorrente.

La Corte si era pronunciata in senso conforme anche nella sentenza 22 novembre 2022, ricorsi nn. 58817/15 e 58252/15, D.B e altri c. Svizzera (https://hudoc.echr.coe.int/eng#{%22itemid%22:[%22001-220955%22]})

In quest’ultimo caso, il ricorso è stato promosso da una coppia omosessuale di origine svizzera e dal loro figlio, cittadino svizzero e statunitense, nato nel 2011 negli Stati Uniti a seguito di maternità surrogata gestazionale. Le autorità californiane avevano riconosciuto il minore come figlio della coppia ricorrente. Il Tribunale Federale Svizzero, stante il divieto di maternità surrogata vigente in Svizzera, ha riconosciuto solo legame di filiazione tra il minore e il secondo ricorrente, padre biologico del minore.

La Corte, nel pronunciarsi, ha distinto la posizione del minore da quella dei partner dell’unione registrata. Ha infatti ritenuto che il mancato riconoscimento della sentenza statunitense e la mancata trascrizione del certificato di nascita costituiscono un’interferenza nel diritto al rispetto della vita privata del minore, in quanto l’impossibilità di ottenere un riconoscimento giuridico della sua relazione con il genitore intenzionale è contraria al suo superiore interesse, con conseguente violazione dell’art. 8 della Convenzione.

Per la coppia, la Corte ha invece escluso la sussistenza di una violazione dell’art. 8, non ritenendo che il mancato riconoscimento abbia provocato particolari problemi nella loro vita familiare. Tanto anche in considerazione del fatto che i due ricorrenti ben conoscevano il divieto di maternità surrogata vigente in Svizzera.

Di seguito il link:(https://hudoc.echr.coe.int/eng#{%22fulltext%22:[%2225212/21%22],%22documentcollectionid2%22:[%22GRANDCHAMBER%22,%22CHAMBER%22],%22itemid%22:[%22001-221261%22]})