Prelievo indebito del marito dal conto corrente cointestato
Con una recentissima sentenza il Tribunale di Palermo in un caso di prelievo indebito del marito dal conto corrente cointestato ha statuito che: ” il concreditore nei rapporti interni non può disporre oltre il 50% delle somme risultanti dai rapporti bancari solidali senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari” precisando che “ove risulti provato che il saldo attivo di un rapporto bancario cointestato discenda dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto dei cointestatari, si deve escludere che l’altro cointestatario nei rapporti interni possa avanzare diritti sul saldo medesimo. Il cointestatario di un conto corrente bancario, anche se abilitato a compiere operazioni autonomamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore – senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari- della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza: la disposizione del cointestatario del conto senza il consenso degli altri cointestatari di importi superiori alla quota di spettanza configura una indebita appropriazione ed obbliga il cointestatario disponente alla restituzione nei confronti degli altri cointestatari”.
Il Tribunale, considerato che le somme del conto cointestato prelevate dal marito erano prevalentemente provenienti dal reddito di lavoro della moglie, ha condannato il coniuge alla restituzione delle somme indebitamente prelevate.
La pronuncia si assesta sul solco di una recente giurisprudenza secondo cui il principio desumibile dal combinato disposto dell’art. 1854 c.c. e dell’art. 1298, secondo comma, c.c., secondo cui le giacenze di conto corrente cointestato si presumono appartenenti ai cointestatari in quote eguali, subisce una deroga allorquando si fornisca la prova, sostenibile anche mediante presunzioni gravi, precise e concordanti, che le somme del conto corrente cointestato appartengano ad uno solo dei contitolari, così come affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione civile Ordinanza n. 15966 del 27/7/2020)
Sentenza