L’adozione mite rappresenta uno strumento di tutela del minore e del mantenimento dei rapporti con la famiglia d’origine.
L’esclusione di una piena idoneità dei genitori, anche riscontrata dal provvedimento di decadenza dei medesimi dalla responsabilità genitoriale, non comporta che gli stessi non possano rivestire un ruolo importante e complementare, rispetto a quello svolto dalle coppie affidatarie, nella vita dei minori e nell’interesse dei medesimi. Tale possibilità deve essere considerata dai giudici di merito mediante un approfondimento della peculiare situazione concreta dei genitori biologici che non intendono abbandonare i figli, pur sentendo di non essere ancora pienamente in grado di accudirli, mediante il ricorso ai mezzi istruttori necessari, se del caso anche mediante una consulenza psicologica.
È quanto emerge dall’ordinanza n. 40308 pubblicata il 15 dicembre 2021 dalla Corte di Cassazione.
Appare opportuno soffermarsi sugli aspetti fattuali della vicenda.
Con sentenza del 13 aprile 2021, la Corte di appello di Torino, in accoglimento parziale dell’appello proposto, ha disposto l’adozione di tre minori, ravvisando una condizione di semi abbandono dei minori stessi e statuendo, altresì, che la madre potesse incontrare i tre figli, mediante incontri di due ore ogni tre mesi organizzati in luogo neutro dai Servizi Sociali.
La Corte di appello di Torino rigettava l’appello incidentale proposto dal padre del minore, ritenendo che il rapporto padre-figlio non fosse fondato su un autentico scambio di affetti e su una costante cura paterna.
Con riguardo all’appello proposto dalla madre, i giudici di secondo grado, dopo avere ascoltato i genitori affidatari e la madre dei minori, hanno attribuito rilievo al legame affettivo esistente tra madre e figli, allo stretto vincolo esistente fra i fratelli, al lungo tempo trascorso insieme tra madre e figli e alla circostanza che i Servizi Sociali non avessero ritenuto di fare una segnalazione alla Procura per i minorenni sull’adottabilità dei minori.
La Procura Generale della Corte d’appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza impugnata, fondandolo su tre motivi.
Con il primo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, perché l’attesa protratta per quattro anni prima di invocare l’intervento dei giudici da parte dei Servizi Sociali non era un elemento valido a confermare la positività del rapporto fra i minori e la madre,
Il motivo viene considerato infondato.
La decisione della Corte d’appello, infatti, non contrasta con i paradigmi legali invocati dalla parte ricorrente, avendo i giudici di secondo grado, escluso (implicitamente) l’adottabilità, in funzione del preminente interesse dei minori a non recidere il legame con la madre ma hanno precisato che, attesi i profili di inadeguatezza della genitorialità riscontrati, il modello astrattamente applicabile nella fattispecie sarebbe l’adozione in casi particolari ex art. 44, lett. d).
L’individuazione di un modello più “mite” di adozione consegue proprio all’accertamento negativo della condizione di pieno abbandono su cui si fonda in via esclusiva la dichiarazione di adottabilità ex art. 15, ne consegue che la costituzione dello status adottivo ex art. 44, lett. d), ancorché verosimilmente facilitato dall’esistenza della coppia affidataria, sentita in giudizio, è la conseguenza e non l’oggetto esclusivo del decisum della pronuncia impugnata.
La Corte territoriale ha, dunque, escluso l’adottabilità dei minori, sussistendo una situazione di semiabbandono, facendo corretta applicazione dei principi espressi dalla Suprema Corte, anche con il sostegno della Corte Europea dei diritti dell’uomo.
La pluralità di modelli di adozione nel nostro ordinamento impone ormai di valutare, di volta in volta, tenendo conto delle peculiarità del caso concreto, il ricorso al modello di adozione che non recida del tutto i rapporti del minore con la famiglia di origine e se l’adozione che recida ogni rapporto con la famiglia di origine, in presenza di situazioni di semiabbandono, in cui la idoneità non piena dei genitori biologici non escluda l’opportunità della loro presenza nella vita del minore, in considerazione dell’affetto e dell’interesse da essi dimostrato nei confronti del minore, possa o meno rivelarsi una scelta non adeguata al preminente interesse del minore.
Il giudice chiamato a decidere sullo stato di abbandono del minore, quindi, deve accertare la sussistenza dell’interesse del minore a conservare il legame con i soggetti appartenenti alla famiglia di origine, pur se deficitari nelle loro capacità di educazione e di crescita del minore.
Con il secondo motivo si rileva l’omessa motivazione sulla conclusione secondo la quale la situazione presa in esame integrava il “semiabbandono”; la Corte aveva fondato il giudizio di semiabbandono soltanto sul desiderio della madre di mantenere il rapporto con i figli e sul desiderio dei bambini di stare con la genitrice quando vivevano con la madre o erano appena stati allontanati.
In particolare, la Corte non aveva tenuto conto delle evoluzioni, in senso decisamente contrario, successive all’integrazione dei bambini nel nuovo contesto familiare, senza considerare il cambiamento avvenuto nei minori.
Anche tale motivo viene dichiarato infondato.
Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza, infatti, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della pronuncia per difetto di un requisito in forma indispensabile, si verifica nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto.
Con il terzo motivo, infine, si segnala l’omesso esame delle risultanze delle relazioni dei Servizi di territorio e le conclusioni dei consulenti d’ufficio.
Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
È giudicato inammissibile, atteso che il denunciato vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, concerne esclusivamente l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e che abbia carattere decisivo per il giudizio.
Il motivo è, pure, infondato, perché, contrariamente a quanto affermato dalla parte ricorrente, i giudici di merito hanno specificato le ragioni di critica alle osservazioni dei consulenti tecnici di ufficio ed hanno anche tenuto conto delle più recenti modalità d’incontro e di relazione reputandole recessive rispetto all’interesse, ritenuto preminente per i figli minori, di non recidere il legame con la madre.
In conclusione, il ricorso è stato rigettato.
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