Provvedimenti ex art. 330 c.c.: la competenza è del TO se il giudizio di separazione è pendente o in fase di quiescenza

La Suprema Corte con ordinanza del 26 gennaio 2015 n.1349 interviene sulla controversa questione relativa al riparto di competenza nelle azioni di decadenza dalla responsabilità genitoriale ex art. 330 c.c. in pendenza di un giudizio di separazione o divorzio.

L’art. 38 delle disp. Att. c.c. e disposizioni transitorie, novellato dall’art. 3 della l. 219/2012 ha sollevato diversi dubbi interpretativi nella parte in cui, per lo spostamento della competenza, inizialmente richiama solo i casi di cui all’art. 333 c.c. ma, successivamente, prevede che per tutta la durata del processo, la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo – tra cui anche l’art. 330 c.c. – spetta al giudice ordinario.

La questione secondo l’indirizzo ad oggi dominante andava risolta riconoscendo l’esclusiva competenza del Tribunale minorile per le pronunce ex art. 330 c.c. Sul punto il Tribunale per i Minorenni di Brescia con decreto 1.08.14 (richiamato dalla pronuncia in commento) aveva escluso “che la formulazione del novellato art. 38 disp. att. c.c. possa comportare l’attribuzione al giudice ordinario del potere di pronunciare la decadenza dalla potestà di un genitore. La pronuncia emessa ex art. 330 c.c. finisce, infatti, con l’incidere sul diritto del padre o della madre del minore alla sua genitorialità, cioè su un diritto soggettivo, e non si limita ad operare quella compressione della potestà genitoriale propria degli interventi ex art. 333 c.c., con la conseguenza che la natura delle questioni da affrontare non appare conciliabile con la trattazione del procedimento di separazione, divorzio o ex art. 317 bis c.c.”.

In linea con tale orientamento diversi Protocolli d’intesa adottati tra Tribunale per i Minorenni e Tribunale Ordinario avevano escluso la possibilità che il TO potesse mai pronunciarsi sui provvedimenti di decadenza dalla potestà di un genitore, trattandosi di  decisione che incide su un diritto soggettivo e non su una modalità di affidamento del minore.

Invero, con l’ordinanza in commento la Suprema Corte si discosta dal suddetto orientamento richiamando il “principio di concentrazione delle tutele”. Ritiene, in particolare, la Corte che, in considerazione della preminenza del diritto del minore a poter condurre la propria esistenza sulla base di provvedimenti giudiziali non equivoci e fondati su un unico accertamento dei fatti rilevanti per la decisione, è possibile superare le suddivisioni di competenza stabilite astrattamente nell’art. 38 disp. att. c.c., previgente e assegnare al giudice del conflitto familiare anche le richieste di limitazione della responsabilità genitoriale.

Da ciò il seguente principio di diritto “L’art. 38 disp. att. c.c., comma 1, primo periodo, – nel testo sostituito dalla L. 10 dicembre 2012, n. 219, art. 3, comma 1, applicabile ai giudizi instaurati a decorrere dal 1^ gennaio 2013 (stessa L. n. 219 del 2012, art. 4, comma 1), come nella specie – attribuisce tra l’altro, in via generale, al tribunale per i minorenni la competenza per i provvedimenti previsti dagli artt. 330 e 333 c.c.. In deroga a tale attribuzione di competenza, quando sia in corso un giudizio di separazione, divorzio o un giudizio ai sensi dell’art. 316 c.c., anche in pendenza dei termini per le impugnazioni e nelle altre fasi di quiescenza, fino al passaggio in giudicato, la competenza in ordine alle azioni dirette ad ottenere provvedimenti limitativi od ablativi della responsabilità genitoriale, proposte successivamente e richieste con unico atto introduttivo dalle parti (così determinandosi un’ipotesi di connessione oggettiva e soggettiva) deve attribuirsi al giudice del conflitto familiare (Tribunale ordinario e Corte d’Appello). L’identità delle parti dei due giudizi non è esclusa dalla partecipazione del p.m. Ne consegue che nel caso, quale quello di specie, in cui – successivamente all’instaurazione di un giudizio di separazione o di divorzio, o del giudizio di cui all’art. 316 c.c. – siano state proposte azioni dirette ad ottenere provvedimenti limitativi od ablativi della responsabilità genitoriale quando sia pendente il termine per l’impugnazione o sia stato interposto appello avverso la decisione di primo grado, la competenza a conoscere tali azioni è attribuita alla corte d’appello in composizione ordinaria”.  

E’ chiaro che tale pronuncia riaprirà il dibattito sulla questione interpretativa posto che ad avviso di molti la competenza del giudice della separazione mal si concilia con una questione che riguarda la spettanza della potestà genitoriale e che, soprattutto quando si tratti di procedimenti in fase di quiescenza, ragioni di urgenza e di tutela del minore vorrebbero attribuita la competenza al Tribunale specializzato.